Fed: Musalem, presto per dire se dazi avranno impatto persistente su prezzi
10/07/2025 18:13
Fed: Musalem, presto per dire se dazi avranno impatto persistente su prezzi
MILANO (MF-NW)--Il presidente della Federal Reserve Bank di St. Louis, Alberto Musalem, vede rischi al rialzo per l'inflazione, ma è troppo presto per dire se i dazi avranno un impatto persistente sui prezzi.
"Ci vorrà tempo perché i dazi si stabilizzino", ha dichiarato il banchiere. "Esiste uno scenario in cui potremmo trovarci nel quarto trimestre di quest'anno, oppure nel primo o secondo del prossimo, con i dazi che ancora si stanno trasmettendo all'economia".
La prossima riunione della Fed è prevista per il 29-30 luglio. Gli investitori si aspettano un primo taglio dei tassi a settembre. Musalem ha ribadito l'importanza di mantenere ancorate le aspettative di inflazione, osservando che i consumatori restano sensibili dopo i forti rincari dell'era pandemica. Finora l'effetto dei dazi sull'inflazione è stato lieve, ma il banchiere si aspetta che diventi più evidente a partire dai dati di giugno, luglio, agosto o settembre. "Penso che, con l'avanzare dell'anno, riuscirò ad avere una visione più chiara dell'impatto complessivo dei dazi. Non cerco una certezza assoluta, ma un grado sufficiente di fiducia in una direzione o nell'altra".
Per quanto riguarda, infine, il debito pubblico statunitense, Musalem ha dichiarato che il governo degli Stati Uniti si trova da oltre un decennio su un percorso fiscale insostenibile: "potrebbe, in futuro, diventare un problema di stabilità finanziaria, ed è certamente qualcosa che sto osservando con attenzione per cercare di capirlo meglio".
alb
alberto.chimenti@mfnewswires.it
(fine)
MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)
TOP NEWS ESTERO: svolta Nato porterà spesa difesa europea da 375 a 635 mld euro
10/07/2025 18:01
TOP NEWS ESTERO: svolta Nato porterà spesa difesa europea da 375 a 635 mld euro
MILANO (MF-NW)--L'Europa si prepara a una svolta nella difesa. Dopo anni di sottoinvestimento rispetto agli Stati Uniti, il conflitto in Ucraina ha spinto i Paesi europei a rivedere le priorità, accelerando la spesa militare e stimolando un ripensamento strategico che coinvolge governi, imprese e investitori. È quanto emerge dal report 'La Difesa al centro dell'Europa' di Bain & Company Italia. Per raggiungere l'obiettivo del 3,5% del Pil in spesa core, la spesa complessiva dei Paesi europei Nato è destinata a crescere significativamente, passando da circa 375 miliardi di euro a 635 mld. E anche l'Italia, attualmente sotto l'asticella del 2% con Belgio e Spagna, sarà chiamata a un importante sforzo di riallineamento, con opportunità per private equity e imprese.
LA SVOLTA DELLA NATO E GLI OSTACOLI PRATICI
Secondo Bain, uno dei principali fattori di questo cambiamento è il graduale ritiro strategico degli Stati Uniti dalle crisi internazionali, che spinge l'Europa a prendersi maggiori responsabilità in materia di sicurezza. In risposta, gli sforzi si stanno concentrando non solo su un aumento della spesa, ma anche sulla sua maggiore efficacia e sulla promozione dell'autonomia industriale nel settore della difesa. La Nato, che da anni invita i membri a destinare almeno il 2% del Pil alla difesa, nel recente vertice tenuto a L'Aja lo scorso 24 e 25 giugno ha definito un obiettivo ancora più ambizioso: entro il 2035, gli alleati dovranno investire il 5% del Pil. Di questo, il 3,5% sarà dedicato alle spese militari dirette e il restante 1,5% a infrastrutture critiche, preparazione civile, innovazione e rafforzamento della base industriale. Un altro punto chiave è la cooperazione tra Paesi europei. Attualmente, solo il 18% dei programmi di acquisizione di sistemi e capacità viene condotto in maniera congiunta. L'obiettivo è raggiungere almeno al 35%, migliorando il coordinamento, semplificando le normative e aprendo il mercato a nuovi attori, per stimolare l'innovazione e rafforzare la competitività del settore. 'Purtroppo, la scarsa collaborazione attuale porta con sé inefficienze, come la mancanza di economie di scala o investimenti insufficienti in ricerca e sviluppo. Inoltre, ci sono ostacoli pratici: strozzature nella catena di fornitura, carenza di materie prime, capacità produttiva limitata', sottolinea Pierluigi Serlenga, Managing Partner Italia di Bain & Company e co-leader globale Aerospace & Defense.
LA SPESA MILITARE EUROPEA È ANCORA DIRETTA A FORNITORI USA
Oggi più dei due terzi della spesa militare europea va a fornitori statunitensi. Ma la Commissione Europea punta a invertire la rotta: l'obiettivo è che, entro il 2030, almeno il 50% degli acquisti avvenga all'interno dell'Unione. Questo senza chiudere le porte alla cooperazione transatlantica, anzi, mantenendola e rafforzandola per accelerare l'adozione di nuove capacità tecnologiche. A livello numerico, si nota un progresso evidente. Nel 2024, ben 13 Paesi europei della Nato hanno raggiunto o superato il 2% del Pil in spesa militare. Alcuni, come la Polonia (4,1%) e la Grecia (3,1%), si collocano ben al di sopra della soglia. Anche paesi come il Regno Unito, la Germania, la Francia, la Danimarca e altri si attestano tra il 2 e il 2,4%. È un netto miglioramento rispetto al 2014, quando la maggior parte degli Stati membri era ben lontana da questo traguardo. Tuttavia, restano ancora otto paesi, tra cui l'Italia, il Belgio e la Spagna, al di sotto del target, con livelli compresi tra l'1,3% e l'1,8%. Per raggiungere l'obiettivo del 3,5% del Pil, la spesa complessiva dei Paesi europei Nato è destinata a crescere significativamente, passando da circa 375 miliardi di euro a 635 mld (valori a prezzi 2024), ovvero un aumento del 70% in termini reali. Già il semplice raggiungimento dell'obiettivo del 2% comporterebbe un incremento di spesa di circa 400 mld. 'Il nuovo obiettivo al 3,5% del PIL rappresenta una soglia estremamente ambiziosa, che richiederà forti scelte politiche e significative riallocazioni di bilancio. I Paesi più lontani da questo obiettivo saranno sotto pressione per colmare il divario', ha sottolineando Serlenga, aggiungendo che 'l'aumento della spesa porterà a maggiori opportunità industriali e tecnologiche nel settore'.
IL SETTORE STA AFFRONTANDO UNA PROFONDA TRASFORMAZIONE
'Il mercato della difesa e dell'aerospazio sta attraversando una fase di profonda trasformazione, aprendo la strada a nuove opportunità di innovazione e rilancio industriale', affermano gli esperti. Tecnologie di frontiera e modelli di business sempre più agili stanno emergendo come catalizzatori del cambiamento, ridefinendo priorità operative e paradigmi di sviluppo. I cicli di progettazione e produzione si stanno accorciando sensibilmente, con l'obiettivo di abilitare vantaggi tattici immediati. Al tempo stesso, cresce la domanda di soluzioni economicamente sostenibili e, soprattutto, tempestive nella consegna. Quest'ultimo aspetto è particolarmente critico in un contesto in cui la supply chain è sottoposta a forti pressioni. Secondo l'analisi di Bain & Company Italia, la resilienza si configura non solo come una priorità strategica, 'ma anche come un'esigenza operativa imprescindibilè. Una delle criticità più rilevanti è la persistente dipendenza da fornitori unici, spesso legata agli elevati costi di qualifica e alla limitata scala produttiva, che rendono difficile diversificare le fonti di approvvigionamento. A rendere ancora più complesso lo scenario concorrono le carenze strutturali di materie prime critiche e di componenti strategici. In Europa sta emergendo una nuova generazione di attori innovativi, spesso caratterizzati da un approccio software-first e sostenuti da capitali di rischio, sebbene in un ecosistema finanziario ancora meno sviluppato rispetto a quello statunitense. A differenza del contesto Usa, dove l'accesso al venture capital difesa-tech è più ampio e il rapporto tra startup e Dipartimento della Difesa è più fluido, le realtà europee si muovono in un ambiente più frammentato, con una minore propensione al rischio e una forte dipendenza da programmi di finanziamento pubblico. Nonostante ciò, questi nuovi entranti europei stanno dimostrando una crescente capacità di sviluppare rapidamente soluzioni dual-use, con applicazioni sia civili sia militari, contribuendo a rinnovare l'ecosistema della difesa continentale. Il contesto attuale apre opportunità lungo due direttrici complementari: da un lato, il consolidamento degli Oem e Prime Contractor verso la creazione di campioni industriali europei, in linea con gli obiettivi di autonomia strategica dell'Ue; dall'altro, l'emergere di attori specializzati di nicchia, spesso promossi da singoli Stati membri per sviluppare capacità tecnologiche in aree prioritarie.
IL PANORAMA ITALIANO RESTA FRAMMENTATO
Secondo il rapporto, il panorama industriale italiano nel settore Aerospazio e Difesa si presenta fortemente frammentato, con una netta predominanza di attori di medie o piccole dimensioni. Su un totale di 96 imprese analizzate, che non comprende i grandi gruppi internazionali e le loro controllate, il 61% opera prevalentemente nel dominio aereo, seguito dai comparti della difesa (inclusa l'elettronica), nonché dai segmenti spazio, navale e terrestre. La rilevanza strategica del settore è confermata da una forte specializzazione settoriale: oltre due terzi del campione (65 aziende) hanno nell'Aerospazio e Difesa la propria attività core. Tuttavia, la dimensione economica di queste realtà risulta contenuta: 48 aziende registrano un Ebitda inferiore a 5 milioni di euro, mentre solo 22 superano la soglia dei 20 milioni. 'Questo quadro delinea un mercato costituito da numerosi operatori specializzati ma di scala limitata, condizione che potrebbe rappresentare un terreno fertile per operazioni di consolidamento industriale o investimenti strategici mirati', osserva Sergio Iardella, senior partner e responsabile italiano Private Equity di Bain & Company.
lvi
(fine)
MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)